Incunaboli che passione!
Il mondo delle biblioteche
storiche, dei libri antichi e degli incunaboli è estremamente affascinante!
Fra carte segnate dal tempo
ma ancora bianchissime, legature in pergamena o pelle, adornate con borchie,
cantonali, fermagli e incisioni su piatti e dorso, si nascondono notizie
sorprendenti che ci rivelano molto del nostro passato.
William L. Clements Library (University of Michigan)
Battista Mantovano, esemplare composito, Venezia,
Giacomo Pencio, 1499
Coperta rigida in piena pelle, con piatti decorati, in
legno, fermagli sul taglio davanti.
Gli incunaboli, custoditi in biblioteche, musei, università, collezioni
private e negozi di antiquariato in giro per tutto il mondo, rappresentano un
dono preziosissimo per tutti noi. Come macchine del tempo ci permettono di
investigare il passato. Sfogliando le loro pagine non è inusuale trovare note
lasciate dai lettori che studiarono i testi, sottolineature, maniculae e
segni d’attenzione; anche coloro che acquistarono i libri lasciarono spesso
traccia di sé, scrivendo il prezzo d’acquisto, firmando il libro, scrivendo in
una nota da chi avessero acquistato quella specifica opera, o facendo decorare
le pagine con bellissime miniature e pitture.
Oggi parleremo dell’opera di Schedel Hartmann (1440-1514), LiberChronicarum, stampato a Norimberga nel luglio 1493 dal tipografo Anton Koberger (ca. 1440-1513), per volere di Sebald Schreyer (1446-1520) e Sebastian Kammermeister (1446-1503).
L’incunabolo, mirabile esempio di libro a stampa illustrato, racconta la storia dell’umanità, dalla sua creazione per mano di Dio fino all’anno di pubblicazione dell’opera. Custodisce al suo interno ben 1809 xilografie, le cui matrici, 645 per l’esattezza, sono opera di Michael Wolgemut (ca. 1434-1519), pittore e incisore tedesco, conosciuto per essere stato il maestro di Albrecht Dürer durante gli anni del suo apprendistato (1486-1489).
Schedel Hartmann, medico tedesco, appassionato collezionista di manoscritti e libri a stampa, utilizzò opere letterarie della classicità e del periodo medievale per comporre la sua opera, prendendo inoltre ispirazione dal Supplementum chronicarum di Giacomo Filippo Foresta, pubblicata a Venezia nel 1483[1].
William L.
Clements Library (University of Michigan)
Cicerone,
Tuscolanae
disputationes,
Venezia, [Nicola Girardengo] 1480
Note
manoscritte riguardanti il testo (s. XVI/XVII; c. a2r)
William L.
Clements Library (University of Michigan)
Schedel
Hartmann, Liber
Chronicarum,
Norimberga, Anton Koberger,
1493
Manicula
(s. XVII; c. LXXIII)
William
L. Clements Library
(University of Michigan)
Schedel Hartmann, Liber Chroni carum,
Norimberga, Anton Koberger, 1493
Nota manoscritta recante anno, luogo e prezzo d’acquisto dell’incunabolo (s. XVII; c. [*]1r): MDCLXXI Emputs Bononia e ducatonis argenteis sex
Oggi parleremo dell’opera di Schedel Hartmann (1440-1514), LiberChronicarum, stampato a Norimberga nel luglio 1493 dal tipografo Anton Koberger (ca. 1440-1513), per volere di Sebald Schreyer (1446-1520) e Sebastian Kammermeister (1446-1503).
L’incunabolo, mirabile esempio di libro a stampa illustrato, racconta la storia dell’umanità, dalla sua creazione per mano di Dio fino all’anno di pubblicazione dell’opera. Custodisce al suo interno ben 1809 xilografie, le cui matrici, 645 per l’esattezza, sono opera di Michael Wolgemut (ca. 1434-1519), pittore e incisore tedesco, conosciuto per essere stato il maestro di Albrecht Dürer durante gli anni del suo apprendistato (1486-1489).
Schedel Hartmann, medico tedesco, appassionato collezionista di manoscritti e libri a stampa, utilizzò opere letterarie della classicità e del periodo medievale per comporre la sua opera, prendendo inoltre ispirazione dal Supplementum chronicarum di Giacomo Filippo Foresta, pubblicata a Venezia nel 1483[1].
Le immagini accompagnano il testo e adornano tutte le carte del libro,
mostrando vedute di città, battaglie, santi e imperatori, eruditi e
intellettuali di ogni epoca. Di questa mirabile impresa, compiuta nella
Norimberga di fine Quattrocento, si conservano a tutt’oggi tre contratti,
redatti fra il dicembre 1491 e il marzo 1492, e firmati da personalità
importanti dell’epoca.
In particolare, molto affascinante risulta la figura di uno dei due committenti, Sebald Schreyer, mercante tedesco e umanista, promotore delle arti e della cultura nella Norimberga dell’epoca. Membro del consiglio cittadino e rettore della Chiesa di San Sebald a Norimberga, commissionò la stampa di molte opere, fra cui Breviari e Messali, stampati su pergamena[2].
Certamente non meno importante fu il tipografo a cui Schreyer si rivolse per stampare l’opera di Hartmann, Anton Koberger (ca. 1440-1513), il quale, all’epoca dei fatti, possedeva 24 torchi tipografici e botteghe tipografiche in 16 grandi città europee[3].
In particolare, molto affascinante risulta la figura di uno dei due committenti, Sebald Schreyer, mercante tedesco e umanista, promotore delle arti e della cultura nella Norimberga dell’epoca. Membro del consiglio cittadino e rettore della Chiesa di San Sebald a Norimberga, commissionò la stampa di molte opere, fra cui Breviari e Messali, stampati su pergamena[2].
Certamente non meno importante fu il tipografo a cui Schreyer si rivolse per stampare l’opera di Hartmann, Anton Koberger (ca. 1440-1513), il quale, all’epoca dei fatti, possedeva 24 torchi tipografici e botteghe tipografiche in 16 grandi città europee[3].
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Note sull'autore del post
Debora Di Pietro ha iniziato ad appassionarsi al libro antico durante gli
ultimi anni universitari, mentre studiava per laurearsi in Storia dell’arte e
beni culturali all’ Università di Catania, sua città d’origine. Presa la laurea
magistrale, si è trasferita negli Stati
Uniti, ad Ann Arbor - ridente cittadina nel sud del Michigan. Nonostante abbia
cambiato continente, le sue passioni sono rimaste immutate. Così da qualche tempo
lavora su una piccola, ma interessantissima collezione di incunaboli custodita
presso la William L. Clements Library di Ann Arbor (University of Michigan, MI).
[3] Campos Carlos Alberto, Technology, scientific speculation on the
Great Discoveres. Coimbra 1985, p. 525.
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